martedì 30 gennaio 2007

Pisa: la Chiesa di San Lorenzo in Chinzica

La chiesa di San Lorenzo, di cui abbiamo notizie dagli anni venti del XII secolo, fu edificata probabilmente per iniziativa di un gruppo di proprietari residenti in Kinzica e venne dotata sin dall’inizio di un proprio cimitero. Sul cimitero di san Lorenzo infatti i testamenti conservatici numerosi dagli atti notarili duecenteschi, confermano che la chiesa aveva pieni diritti di sepoltura. Dell’autonomia della chiesa inoltre ne è prova, almeno per la fine del secolo, il fatto che, nel 1192, in occasione dell’erezione dell’oratorio del ‘Ponte Vecchio’, il pontonaio[1] si impegnava a non sottrarre con ciò i fedeli alle chiese di San Cristoforo e San Lorenzo.
La chiesa sorse per iniziativa dei laici devoti, come frequentemente avveniva nelle parrocchie cittadine; essa non ospitò mai comunità monastiche o canonicati e rimase sottoposta al giurispatronato dei discendenti dei primi fondatori. Da un atto notarile conservato nell’archivio di stato di Pisa si apprende che nel 1151 erano patroni di San Lorenzo 5 persone: un padre con due figli e un’altra coppia di fratelli; gli ultimi due, Pietro e Guido erano figli di quell’Ugo del fu Genoardo che il 31 marzo del 1127, insieme con la madre vedova, aveva donato alla “ecclesiae sancti Laurenthii de Hchinthica” un pezzo di terra ubicato “Iiuxta cimiterium predicte ecclesie”[2].
Non siamo ancora i grado di dire se costoro, ascendenti dei “de Grocto”-“de Bella” testimoniati come patroni della chiesa dalla metà del secolo XII [Garzella 1990] fossero gli antenati di quei membri della famiglia nobile Del Bagno che nel trecento detenevano il patronato della chiesa [Ronzani 1980]. Dagli atti notarili di quegli anni emerge comunque che i discendenti dei De Bella insieme ai discendenti di Guido Di Bono, che detenevano insieme il patronato della chiesa, formarono la domus che dall’inizio del duecento prenderà il nome di De Balneo.
Quando, nel 1204, la chiesa venne riconsacrata, forse a seguito di un incendio, il patronato tornò ai discendenti di Guido di Bono, insieme al nipote di Ugo Gruneus, chiamato Grotto di Pietro de Bella. Unica erede di Grotto fu la nipote Marina, monaca in Santo Stefano d’Oltre Ozeri. Questo fece sorgere varie controversie per i diritti sull’elezione del rettore di San Lorenzo, rivendicati ora anche dal monastero benedettino, con l’opposizione dei discendenti di Guido di Bono, i de Balneo [Ronzani 1986].
La famiglia Balneo, fu spesso ostacolata da varie controversie e rivalità nella successione dei patronati, ma riuscì a mantenere a lungo il controllo dello ‘ius erigendi’, almeno sino al Quattrocento [Ronzani 1986].
Nella prima metà del Trecento è attestato uno spostamento del nucleo ebraico da Tramontana a Mezzogiorno, che andò ad abitare, forse in un unico edificio o in più edifici vicini, nella cappella (o parrocchia) di San Lorenzo in Chinzica, approssimativamente tra le attuali via San Martino e piazza Chiara Gambacorti. È in questa o in queste case che possiamo supporre fosse ora collocata la sinagoga dal 1397 al 1406 [Luzzati 1997] .
Nel 1400 il patronato di San Lorenzo passò a Panicuccio di Ser Guido da Calci, successivamente ai Gambacorti e poi ad Alessandro Testa.
Nel 1500 ne fu proprietario Ser Bartolo Sancasciani e nel 1510 la famiglia Perini.
Infine, nel 1783, appartenne alla famiglia Corsini di Cascina, per poi essere profanata nel 1784 [Tolaini 1992]. Da alcuni documenti del 1835, la chiesa di San Lorenzo non figura più ed al suo terreno corrispondono nomi di privati: nell’edificio ancora abbastanza integro della chiesa vi erano la rimessa e la casa di Salvatori Fioravante di Agostino, la casa di Notari Giovanni di Alessandro e, al secondo piano, l’abitazione della famiglia Detto.
Dopo la profanazione la chiesta fu prima adibita a bottega di maniscalco, poi a scuderia dei cavalli. Quando il tetto crollò a causa delle piogge, sparirono i marmi e la gente si appropriò di parti della struttura muraria.
Nei primi del novecento della chiesa originale erano visibili solo le colonne divisorie delle tre navate con i relativi capitelli.
Nel 1932 il fabbricato viene demolito e l’area destinata a mercato delle verdure, in seguito sostituito dal mercato del pesce dotato di una copertura fissa. Solamente nel 1980, con lo smantellamento del mercato, è stata realizzata l’attuale piazza.
Figura 5: il monumento ai caduti, Marina di Pisa, Bagno Maddalena. Delle otto colonne diverse di epoca romana, già incorporate in vecchie case costruite nell’area della chiesa, una venne utilizzata come cippo dedicato a tre ufficiali dell’aeronautica italiana caduti per un incidente aereo, nel 1933, nei pressi di marina di Pisa, mentre un’altra adibita a monumento dei caduti nella frazione di Campo; cinque capitelli sono conservati nel museo di san Matteo.

Note:
[1] L’ufficio dei pontoni fu uno dei più importanti e da un punto di vista storico, uno di più interessanti. L’ufficio di pontonaio nacque nel 1183, per iniziativa di quei cittadini, i quali riuniti in una associazione consorziale, affidavano la costruzione del ponte che interessava loro e i loro commerci ad un loro rappresentante che assunse il titolo di “pontonaio”.

[2] 1127 marzo 31, Chinzica (Nardi, Archivio Storico Pisano, n. 45).
Riferimenti bibliografici:

Arcamone M.G., 1978: Chinzica: toponimo pisano di origine longobarda, in "Bollettino Storico Pisano", XLVII, pp. 205-246 .

Banti O., 1989: Breve storia di Pisa, Pacini, Pisa.

Banti O., 1992: Io e il mio Medioevo Tirrenico. Sardegna, Toscana e Pisa, Pacini, Pisa.

Belli Barsali I., 1977: Sui recenti studi di topografia, urbanistica e architettura medioevale pisana, Pisa – Estr. da: Bollettino Storico Pisano, 46/1977.

Garzella G., 1990: “Pisa com’era: topografia e insediamento dall’impianto tardoantico alla città murata del secolo XII” gisem Liguori editore.

Herlihy D., 1990: Pisa nelDuecento.vita economica e sociale d’una città italiana nel medioevo, Nistri Lischi Editori – Cultura e Storia pisana, 3.

Luzzati M., 1997: La sinagoga di Pisa, dalle origini al restauro Ottocentesco di Marco Treves, Edifir Edizioni Firenze.

Milanese M., 2005: Piazza Chiara Gambacorti, Archeologia e urbanistica a Pisa, Scavi e ricerche, Edizioni Plus, Pisa.

Redi F., 1990: Pisa com’era: archeologia, urbanistica e strutture materiali (secoli V-XVI), Napoli, GISEM-Liguori.

Ronzani M., 1980: l’organizzazione della cura d’anime nella città di Pisa (secoli XII-XIII), in istituzioni ecclesiastiche della toscana medioevale, Galatina (LE), Congedo.

Ronzani M., 1986: Un aspetto della “Chiesa di città” a Pisa nel Due e Trecento: ecclesiastici e laici nella scelta del clero parrocchiale, in Spazio, società, potere nell’Italia dei Comuni, a cura di G. Rossetti, Napoli, Liguori, (Europa Mediterranea. Quaderni, 1).

Sac. Don Spartaco Mugnai 1965: “S. Giovanni al Gatano in Porta a mare nelle vicende storiche di Pisa” Tip. Editrice vigo Cursi, Pisa.

Tolaini E., 1992: Forma Pisarum. Problemi e ricerche per una storia urbanistica della città di Pisa, Nistri – Lischi, 2 edizione.

martedì 23 gennaio 2007

Pisa: Il quartiere Chinzica

In origine, il centro abitativo di Pisa si sviluppava nella zona a nord dell’Arno, nello spazio delimitato dall’Arno stesso a Sud e a nord dal fiume Auser. Una consistente espansione urbana sulla sponda sinistra, rimasta a lungo impaludata, sembra essere iniziata solo dopo la fine dell’impero romano, in epoca altomedioevale; quest’area inizialmente prese il nome “di là d’Arno” ma nell’VIII secolo verrà rinominata Kinzica, termine che la tradizione associa all’eroina Chinzica de Sismondi[1], ma che sembrerebbe derivare, secondo recenti studi linguistici, dal longobardo Kinzig, termine che fa riferimento ad un livello più basso di questa sponda del fiume rispetto all’altra [Arcamone 1978].
Nella zona a sud dell’Arno non mancavano comunque edifici ed opere di età antica: per esempio, è da qui che passava alla fine del II sec. a. C. la via Aemilia Scauri, importante strada di collegamento di Roma con la Liguria e la Gallia. Prima che si formasse il nuovo insediamento abitativo di Kinzica, infatti, questa zona era attraversata da quattro arterie stradali: una andava al porto, una verso Firenze, passando per l’attuale Riglione (attuale via Fiorentina) mentre le due rimanenti si dirigevano verso sud.
L’insediamento sulla sponda sinistra fu talmente rapido ed intenso che per esso, già agli inizi del secolo XI, compare una designazione autonoma: dapprima ubi dicitur Chintigha, in loco et finibus Chintica, oppure villa que dicitur Chintica ed infine semplicemente Chinzica [Arcamone 1978].
Inizialmente il toponimo designa una zona sulla sinistra dell’Arno, localizzabile intorno alla chiesa di Santa Cristina, la cui consacrazione risale a prima del Mille. Chinzica indica poi una zona progressivamente più ampia detta talvolta villa (cioè villaggio), a designare tutto l’oltrarno meridionale della città, nei confronti della quale mantenne tuttavia sempre una sua individualità.
Nel XIV secolo Boccaccio in due diverse novelle menziona Chinzica ancora come fosse un nucleo a se in Pisa[2].
Forse per la sua posizione intermedia tra l’Arno e il Portus Pisanus, oltre che per la sua disponibilità di terre ora in parte bonificate, Chinzica fu preferita come residenza dagli immigrati del contado, dai fuggiaschi provenienti dai territori vicini e dai mercanti anche stranieri: essa divenne quindi tanto popolosa quanto ricca, che la vecchia città di Pisa sull’altra sponda pensò bene di annetterla.
L’abitato che, inizialmente, raccoglieva una popolazione cosmopolita formata principalmente da mercanti stranieri, venne inserito quindi entro una cerchia muraria, entrando così a far parte della civitas dal 1155.
Prima dell’edificazione delle mura però, intorno a tutta la città, sia a nord, nella "Civitas", sia a sud dell’Arno, in "Kinzica" appunto, erano stati scavati dei fossati che avevano principalmente lo scopo di fissare i confini della città stessa. Questi fossati furono anche utilizzati per il trasporto sui navicelli dei blocchi di pietra tufacea provenienti dalle cave situate nel territorio livornese. Le stesse vie d’acqua in seguito garantirono anche l’arrivo in città delle pietre provenienti dalla zona dei monti pisani.
Così, quando nel 1155 si dette avvio con opere preparatorie alla costruzione della cinta muraria detta di Cocco Griffi[3], fu previsto anche l’inglobamento della zona abitata sulla sponda meridionale dell’Arno, e quando poi Pisa fu divisa in quartieri, Chinzica ne designò quello commerciale ed il più ampio.
Lo sviluppo di questo quartiere ebbe ritmi sostenuti soprattutto nel XII secolo, documentato dalla comparsa di chiese mai attestate prima. Nei documenti della prima metà del XII secolo ne vengono scandite le tappe: S.Sebastiano nel 1117, S.Lorenzo nel 1127 con annesso cimitero, S.Sepolcro nel 1138 e S.Cassiano nel 1147 [Garzella 1990].
Nel contempo gli enti ecclesiastici già esistenti si attrezzarono per dare nuovi servizi ad una popolazione che si andava facendo sempre più numerosa: nelle documentazioni compaiono infatti gli ospedali annessi alle chiese di S.Martino e di S.Sepolcro (immediatamente a sud della Loggia dei Banchi) ed al monastero di S.Paolo a Ripa d’Arno, mentre un quarto ospedale fu fondato da laici in località “Casamvidia”[4] (attuale Giardino Scotto), non lontano da S.Andrea, che fu donato nel 1133 alla chiesa arcivescovile pisana e ai suoi canonici.
Delle Chiese appena ricordate, S. Sebastiano, S. Lorenzo, S. Sepolcro e San Martino sorgevano in prossimità della “Carraia Maiore”, asse primario della viabilità di tutto il territorio a sud dell’Arno, così come tre dei quattro ospedali (S. Martino, ‘Casamvidia’, S. Sepolcro) che conosciamo in questo arco di tempo [Garzella 1990].
Tra le aree lungo l’Arno privilegiate per l’insediamento, la più ambita in questo periodo fu senza dubbio quella gravitante intorno all’unico ponte che per molto tempo aveva collegato la ‘civitas’ con l’Oltrarno: Pisa ebbe infatti un solo ponte in legno sino alla metà del secolo XII dove, ai giorni nostri, si trova il Ponte di Mezzo (dopo il 1182 denominato Ponte Vecchio); in seguito, nei pressi della Spina, nel 1182, fu costruito un secondo ponte il legno, che prese il nome di Ponte Nuovo. Nel Giugno del 1262 iniziò la costruzione di un terzo ponte nel quartiere della Spina, che fu terminato nel 1268; il quarto ponte fu fondato nel 1328 [Don Saprtaco Mugnai 1965].
Le testimonianze dei primi decenni del secolo XII rivelano, nel tratto in prossimità del Ponte di Mezzo, un grado di urbanizzazione elevatissimo, con notevole densità di costruzioni sviluppate in altezza e talvolta accorpate tra loro, con suoli non edificati quasi inesistenti ed un fitto e tortuoso reticolo di vie.
Il fervore edilizio incise profondamente sull’assetto della città, che in questo periodo acquisì la sua inconfondibile fisionomia abitativa, legata alla presenza delle case torri, le caratteristiche strutture in pietra a pilastro ed arco ogivale di raccordo ancora oggi ampiamente conservate [Redi 1990].
Durante il corso e fino alla fine del secolo XV nella repubblica marinara di Pisa, che dal 1406 aveva perso l’indipendenza, divenuta parte dello stato fiorentino, ai quartieri furono sostituiti i terzieri, così che l’area di Chinzica fu denominata San Martino, dal nome dell’importante chiesa che qui ancora sorge. Fu questo provvedimento amministrativo, insieme alla successiva rapida decadenza economica di Pisa e di tutto il suo territorio, a determinare la lenta scomparsa di Chinzica dagli atti ufficiali, anche se esso rimane ancora a lungo vivo, nelle seppur sporadiche menzioni, accanto a quello di terziere di San Martino. È stato comunque usato in maniera continuativa fino ad oggi limitatamente alla titolatura delle chiese [Arcamone 1978].
L’area di San Martino continuava a rivestire notevole importanza, poiché proprio in questa zona confluivano la via Emilia e la via Fiorentina, ed è per questo motivo che, nel XIII secolo, qui erano concentrate le più svariate attività commerciali; vi si potevano infatti trovare artigiani di vario genere, broccai, tiratori di lana, carratori ed in particolare nei vicoli dell’area dell’attuale piazza Chiara Gambacorti erano situati i venditori di fieno.
Kinzica era infatti, come ho già citato più volte, un quartiere nato per ospitare i mercanti stranieri con le loro esigenze di scarico e carico merci e di conservazione e stoccaggio nei magazzini; la struttura viaria di questa zona si era quindi sviluppata in modo tale da mettere in comunicazione gli scali sulla riva dell’Arno con i magazzini di raccolta situati più all’interno del quartiere, assumendo così la sua caratteristica struttura “a pettine”.
Nel quattrocento si è avuto il progressivo allontanamento delle attività mercantili dal lungarno, e la costruzione di grandi palazzi a carattere signorile. Si è costituito inoltre il polo amministrativo cittadino intorno all’asse viario di Ponte Vecchio (oggi Ponte di Mezzo), con le due logge, quella della Mercanzia e quella dei Catalani, con la conseguente destinazione agli uffici dei commissari fiorentini dei consoli del Mare e della Dogana nei Palazzi Pretorio e Gambacorti.
Nel cinquecento il quartiere Chinzica fu interessato solo da interventi di tipo militare, tranne che per la progettazione e la realizzazione dei Magazzini del Tirreno che si aprivano a schiera su via la Tinta e via del Poggione a cura di Giovanni da Montaldo.
Nel seicento si ebbe in Chinzica la costruzione, o meglio la ricostruzione, della loggia (oggi Loggia dei Banchi): fu infatti questa la prima loggia che fungeva da punto di incontro tra mercanti e uomini in vista e fra tutti gli esponenti della “civitas mercantile” del medioevo, poi abbattuta per far posto ai banchi dei mercanti, ai fondachi ed alle botteghe artigiane. La costruzione della nuova loggia voleva essere un continuum con la precedente loggia, andando a ritoccare solo minimamente la topografia e la viabilità esistente.
Nel settecento e nella prima metà dell’ottocento non ci furono grossi stravolgimenti dell’assetto urbanistico in Chinzica.
Con l’apertura della Stazione ferroviaria, nel 1862, a sud della porta S.Gilio, nacque l’esigenza di urbanizzare la zona a sud del convento di San Domenico e di raccordare la stazione ferroviaria con la parte a nord della città. Questo riassetto fece scempio delle mura medioevali, che furono demolite per tutta la lunghezza di piazza Vittorio Emanuele.
Note:
[1] Kinzica de’ Sismondi, eroina pisana, che secondo la tradizione salvò la città dall’invasione dei saraceni, accorgendosi, di notte, del pericolo che incombeva sulla città. La fanciulla pisana chiamò a raccolta, suonando la campana della torre del Palazzo degli Anziani, donne, vecchi ed adolescenti, poiché in quel periodo gli uomini, di età matura per l’uso delle armi, si trovavano impegnati con le galee ad assediare Reggio Calabria. Rapidamente i cittadini, allarmati, si armarono ed ingaggiarono una lotta accanita contro Musetto ed i suoi uomini.
[2] G. Boccaccio, Decameron, X novella della seconda giornata e X novella della quarta giornata.
[3] Cocco Griffi fu console di Pisa nella metà del XII secolo.
[4] Toponimo di origine oscura con altre varianti “Casanvilia”, “Casainvilia” che nel XII secolo indicò il luogo in cui sorgeva il monastero di S.Andrea
Riferimenti bibliografici:

Arcamone M.G., 1978: Chinzica: toponimo pisano di origine longobarda, in "Bollettino Storico Pisano", XLVII, pp. 205-246 .

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Banti O., 1992: Io e il mio Medioevo Tirrenico. Sardegna, Toscana e Pisa, Pacini, Pisa.

Belli Barsali I., 1977: Sui recenti studi di topografia, urbanistica e architettura medioevale pisana, Pisa – Estr. da: Bollettino Storico Pisano, 46/1977

Garzella G., 1990: “Pisa com’era: topografia e insediamento dall’impianto tardoantico alla città murata del secolo XII” gisem Liguori editore.

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Luzzati M., 1997: La sinagoga di Pisa, dalle origini al restauro Ottocentesco di Marco Treves, Edifir Edizioni Firenze.

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Sac. Don Spartaco Mugnai 1965:S. Giovanni al Gatano in Porta a mare nelle vicende storiche di Pisa” Tip. Editrice vigo Cursi, Pisa.

Tolaini E., 1992: Forma Pisarum. Problemi e ricerche per una storia urbanistica della città di Pisa, Nistri – Lischi, 2 edizione.

Breve storia di Pisa

Lo sviluppo conosciuto da Pisa nel medioevo, sembra aver cancellato ogni traccia della città antica. Qualche informazione ci viene fornita dalle fonti scritte medioevali, almeno per quanto riguarda l’area orientale della civitas alto-medievale e, a nord dell’Arno, l’area che più tardi verrà definita “Foriporta”. Lo spopolamento dei primi secoli del medioevo ha permesso, in questa zona, la sopravvivenza a lungo di strutture di età romana, di cui rimangono tracce documentarie tra il X ed il XII secolo [Garzella 1990].
Molte fonti inoltre sembrano concordare che la data di fondazione di Pisa sia da collocarsi tra il VII e il VI secolo a.C.; ma non sappiamo se i suoi primi abitanti furono Greci o Etruschi.
Agli Etruschi, la cui presenza è attestata nel territorio sin dal V secolo, subentrarono, nel 180 a.C., i Romani, che trasformarono la città in una delle maggiori basi navali del Mediterraneo.
I Romani dettero grande importanza al possesso di Pisa, che consideravano una via di passaggio obbligato tra Roma, l’Italia del nord e la Gallia. Inoltre, il suo porto situato in fondo ad un piccolo golfo tra la foce dell’Arno e la costa sud, dove si trova l’odierna Livorno, costituì il rifugio più sicuro per le navi nel Tirreno settentrionale.
L'inserimento di Pisa e del suo territorio nello stato romano è attestato già dalla metà del III secolo a.C., probabilmente come civitas foederata nella lunga guerra che, dal 238 al 155 a.C., Roma intraprese con le irriducibili tribù dei Liguri, i quali occupavano le aree a nord del corso dell'Arno. La città venne infatti utilizzata come base militare ed il suo porto, nel 225, fu utilizzato come scalo delle truppe che, al comando del console C. Attilio, si diressero lungo la costa etrusca contro i Galli che cercavano di raggiungere Roma[1].
Vinti gli Etruschi dalla crescente potenza romana, i Pisani rimasero indipendenti, ma ben presto prevalse in loro il buon senso di accettare volontariamente di fare parte integrante dell’Italia romana: per la sua provata fedeltà e per lo speciale attaccamento alle leggi della potente Roma, Pisa meritò il titolo di Colonia Julia obsequens, conferitole probabilmente in occasione di una distribuzione di terre ai veterani a seguito della battaglia di Azio da parte di Ottaviano [Don Spartaco Mugnai 1965].
Pisa divenne quindi un’importante città a cui i Romani riconobbero la condizione privilegiata di "socio" (alleato) e successivamente, nel II secolo a.c., quella di "colonia", con diritto di cittadinanza romana ed infine, nel I secolo a.C., quella di "municipio".
Con la decadenza dell’Impero Romano, anche Pisa vide deperire l’antico splendore, vessata dalle varie dominazioni barbariche, le quali lasciarono sul loro cammino morte, strage e rovine.
Tra il 569 ed il 770 i Longobardi crearono il loro regno in Toscana ed elessero Lucca a loro capitale. Meno “barbari” di altri popoli germanici, essi si adoperarono per una pacifica fusione del loro popolo con quelli di origine latina. Pisa, all’epoca, era governata da un legato del duca longobardo quale suo personale rappresentante.
Documenti del VII secolo documentano che Papa Gregorio Magno commissionò a Valenti Calafati Pisani un buon numero di navi per combattere contro i Bizantini.
Con l'ascesa di Carlo Magno al trono del Sacro Romano Impero, nell'anno 800, Pisa potè godere di una certa indipendenza, il centro urbano si ripopolò ed il miglioramento del tenore di vita portò all’avviarsi e all’estendersi delle attività commerciali. In questa epoca, quindi, Pisa vide un nuovo sviluppo commerciale ed un abbozzo di prosperità. E’ in questo periodo che le navi pisane tentano timide sortite in quel Mediterraneo che successivamente solcheranno e che, in gran parte, domineranno per due secoli.
All’inizio dell’XI secolo, insieme ad Amalfi, Genova e Venezia, Pisa assunse un governo autonomo dando vita ad una delle più potenti Repubbliche Marinare della penisola. Essa combatté con alterne vicende i Saraceni sui mari ed aprì vasti orizzonti per i propri traffici commerciali. È da questo momento che ha inizio la nuova grandezza di Pisa, in campagna ed in città è tutto un fervore di commercio e di vita del lavoro che segna l’inizio della nuova era ed il sorgere delle meraviglie monumentali che il mondo ammira.
I contadini operano come uomini liberi e, con incomparabile tenacia, iniziano la bonifica e il dissodamento delle terre assicurando un promettente incremento agricolo.
Molte nobili famiglie appartenenti al vecchio mondo feudale vengono a stabilirsi in città, passando da una nobiltà esclusivamente rurale a quella cittadina. Esse sono: i Della Gherardesca, i Visconti, gli Upezzinghi, i Gualandi, i Sismondi, gli Orlandi, i Lanfranchi i Gaetani, i Duodi, i Guaddubbi e i Casalei; tra le diverse famiglie, tuttavia, sono le prime tre ad avere la maggiore importanza politica.
Queste casate, a loro volta, formano delle consorterie, cioè raggruppamenti di un buon numero di famiglie che, associate a quelle maggiori, costituiscono la difesa necessaria per attendere ai propri interessi. Le consorterie dei nobili feudali, in Pisa, sono come dei veri eserciti che trattano da pari a pari col Comune e lo aiutano o lo combattono nelle agitazioni interne come Stati contro lo Stato.
I nobili esercitano da soli la propria giustizia con la “vindicta” o la “faida” delle offese ricevute. Essi stringono accordi con i loro clienti ed elaborano organi propri di amministrazione e di giurisdizione.
Le famiglie magnatizie inoltre armano le navi che, in un primo tempo, si spingono in tutto il Mediterraneo ed in seguito navigano anche fuori di esso, nei paesi dell’Oriente e del Mar Nero, procacciando al proprio commercio ed alla propria operosità i campi più fecondi del lavoro e del guadagno.
Affiancatasi la città alle sorti dell’Impero, i mercanti ed i marinai pisani raggiungono ogni luogo del Mediterraneo dove è presente una possibilità di commercio e di scambi vantaggiosi.
A partire dall’XI secolo si susseguono eventi di rilevanza storica per la città: nel 1003 la Repubblica Pisana sconfisse i Lucchesi che volevano contrastarne la potenza marinara, nel 1005 conquistò Reggio Calabria, nel 1016 iniziò il suo dominio sulla Sardegna che nel 1017 fu conquistata (con la sconfitta del re saraceno Mugahid[2], che nel frattempo si era rifugiato su questa isola), tra il 1030 e il 1035 si spinse ancora oltre nello scontro con i Saraceni, mettendo al sacco le città di Cartagine, di Bona e di Lipari e, ancora, occupò la Corsica (1051-52), inasprendo ulteriormente i rapporti con Genova, ed espugnò Palermo nel 1063 scacciandone i pirati Saraceni.
Pisa acquisì così la propria indipendenza, pur mantenendosi fedele all’impero; la flotta pisana continuò le spedizioni nell’Africa del nord, conquistando Tunisi nel 1088. Papa Urbano II attribuì alla città in piena espansione economica, politica e militare, la supremazia sulla Corsica e sulla Sardegna (1092).
Pisa prese parte alla prima crociata (1089-99), intervenendo sia per mare, con la flotta, che per terra, e l’eroica difesa che prestò in Terra Santa procurò all’arcivescovo pisano Daimberto la nomina a primo patriarca latino di Gerusalemme (1099).
Nel 1114 si avviò l’aspra guerra che portò la flotta pisana ad impossessarsi delle Baleari, un colpo gravissimo inferto alle forze musulmane che in quelle isole avevano un appoggio essenziale per muovere i frequenti attacchi alle coste di tutto il Mediterraneo. Il prestigio della Repubblica toccò, forse in quegli anni, il suo massimo culmine sia nel Mediterraneo occidentale che orientale, dove gli scambi commerciali e culturali si imposero progressivamente fino alle coste del Mar Nero.
Da questo avvenimento storico il nome della Repubblica Marinara Pisana venne temuto e rispettato da tutti, ed ovunque le navi di Pisa portano con sé l'orgoglio e la potenza di una città veramente libera, ricca e prospera. Nel 1132 San Bernardo riunì a Pisa il concilio che affermerà i diritti di Papa Innocenzo XI. La città si scagliò con tutta la propria ira sui nemici del Papa infliggendo severe sconfitte agli Amalfitani.
Il XII secolo vide ancora innumerevoli scontri ma soprattutto, oltre alla partecipazione alla crociata di Gregorio VIII, si assistette al definirsi di una coalizione guelfa contro la città tradizionalmente ghibellina, composta da Lucca, Firenze e Genova; i Pisani si schierarono decisamente dalla parte di Federico I Hohenstaufen detto ‘il Barbarossa’.
Alla fine del XII secolo iniziano a delinearsi i primi segni di debolezza per la città: si formano gruppi di persone, dagli interessi contrastanti, organizzati nelle due linee politiche, Guelfi e Ghibellini.
Pisa si schiera apertamente dalla parte dell’Imperatore Federico II (nipote del Barbarossa), incurante della conseguente scomunica da parte di Papa Gregorio IX e, nel 1250, alla morte dell’Imperatore, Pisa perde quindi il suo grande protettore. Nelle successive guerre con le nemiche Guelfe, Lucca Firenze e Genova, Pisa subisce pesanti perdite.
Nel 1258 è la svolta, con l’alleanza con i Veneziani che aiutano la Repubblica a sconfiggere Genova per mare e, nel 1260, si ha lo storico scontro generale tra Guelfi e Ghibellini nei pressi di Siena, a Montaperti, vinto dal Ghibellino Farinata degli Uberti, al fianco del quale i Pisani parteciparono numerosi con la loro armata. La fortuna dei ghibellini finisce però con la morte del re Manfredi (figlio di Federico II).
E’ il declino: il 6 agosto 1284, a poche miglia dalla costa pisana, presso la roccia della Meloria, la potente e temuta flotta di Pisa venne inesorabilmente decimata dalla furia delle forze genovesi.
Soltanto la discesa in Italia del giovane imperatore Arrigo VII fa sì che, in qualche modo, rifioriscano le speranze delle città ghibelline, compresa la stessa Pisa. Arrigo VII muore però inaspettatamente ed il suo corpo viene sepolto in un sarcofago nella cattedrale pisana.
Dopo la decadenza delle libere istituzioni comunali che avevano reso la città grande e potente, subentra il momento delle Signorie. Il primo signore di Pisa è Uguccione della Faggiola. Successivamente divengono signori di Pisa i della Gherardesca ed i Gambacorti.
Con la perdita della Sardegna nel 1325 e la cessione della Corsica nel 1300, Pisa vide infrangersi ogni speranza di riassurgere a passati splendori.
Nell'anno 1406 il commissario della Repubblica Fiorentina, Pier Capponi, prende possesso della città, umiliata e sconfitta, abrogando le sue libertà e la sua antica indipendenza.
Con la calata in Italia del re francese Carlo Vlll (1494), si riaccende, per un momento, la fiaccola delle speranze di libertà; Pisa si ribella ai padroni fiorentini ma nel 1509, dopo un ulteriore assedio, i Pisani devono cedere ancora. La storia di Pisa si confonde ormai con quella di Firenze. Nel 1553 Alessandro de' Medici si proclama Duca, in odio alla Repubblica fiorentina e, per questo, viene acclamato liberatore dai Pisani
Sotto il ducato dei Medici, Pisa ha grandi vantaggi. Cosimo I ristruttura l'università nel 1543, regola i corsi dei fiumi negli anni 1545-47 e fonda nel 1563 l'Ordine Sacro e Militare dei Cavalieri di Santo Stefano, eleggendo Pisa sede dell'Ordine. Francesco I de' Medici (1574-87) non si preoccupa molto di Pisa, ma Ferdinando I (1587-1609) costruisce gli acquedotti (1591-1595) aprendo inoltre un grande canale, ancora oggi navigabile, tra Pisa e il mare.
I secoli XVII e XVIII trascorrono sotto il governo degli ultimi Medici, ormai diventati Granduchi di Toscana, rappresentati da Cosimo II, Ferdinando II, Cosimo III e Gian Gastone, con il quale si spegne, nel 1737, la casata.
La Toscana passa, con una breve interruzione, ai Lorenesi, ramo cadetto degli Asburgo d'Austria, con Francesco I (173765), Pietro Leopoldo I (1765-90) saggio e illuminato riformatore, Ferdinando III (1790-1800), Ludovico I (1801-03), Carlo Ludovico (1803-07), al quale succede Elisa Baciocchi (1807-14) e, di nuovo, nella parentesi post-napoleonica, Ferdinando di Lorena (1814-24) ed infine Leopoldo II (182459), ultimo Granduca di Toscana prima dell'unità nazionale italiana.
note:
[1] Polibio, II,27,1; 28,1
[2] Mugahid detto “Musetto” che approfittando dell’assenza dei Pisani, impegnati nel 1005 nella conquista di Reggio Calabria, invase Pisa.
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